Ezra Puond è stato un poeta, saggista e traduttore statunitense. Considerato da tutti come un punto di riferimento fondamentale nella storia letteraria del nostro secolo,ha catalizzato l’attenzione sulle idee e sulla forma dell’espressione portando agli estremi questa analisi.
Dopo gli studi alla Pennsylvania University e allo Hamilton College di Clinton (New York), e un viaggio di studio in Spagna e in Italia, ritornò per breve tempo in America, ma all’inizio del 1908 ripartì definitivamente per l’Europa: fu prima a Gibilterra, poi a Venezia, dove pubblicò a proprie spese il primo libro di versi A lume spento, quindi a Parigi e infine a Londra. Da questo momento la vita di Pound risulta prevalentemente legata all’Europa, e così pure la sua instancabile attività di poeta, prosatore, critico, traduttore, organizzatore culturale, pubblicista politico, fondatore di movimenti letterari e di riviste, scopritore di ingegni. A Londra fino al 1921, si trasferì in quell’anno a Parigi, quindi nel 1925 a Rapallo, dove restò stabilmente fino al 1945. L’aveva spinto in Italia, tra l’altro, la convinzione che il regime mussoliniano avesse significativi punti in comune con il sistema sociale da lui vagheggiato, ispirato al «socialismo corporativo» di C.H. Douglas.
Alla liberazione la polizia militare alleata lo internò nel campo di concentramento di Coltano, presso Pisa, dove Pound scrisse i Canti pisani (Pisan cantos), per trasferirlo successivamente a Washington sotto accusa di tradimento per aver pronunciato discorsi di propaganda antiamericana alla radio italiana durante la guerra. Il processo non ebbe luogo, Pound fu dichiarato infermo di mente e internato in manicomio. Liberato nel 1959, anche in seguito alle sollecitazioni di scrittori e uomini di cultura di tutto il mondo, ritornò in Italia dov’è rimasto fino alla morte.
L’OPERA. L’opera di Pound è vasta, multiforme, complessa. Le poesie scritte tra il 1908 e il 1920 (ricordiamo Personae, Ripostes, Lustra e il famoso Hugh Selwyn Mauberley) portano tracce rilevanti della sua riscoperta della poesia provenzale e stilnovista, della sua consapevole ammirazione per certi autori dell’Ottocento francese come Gautier e Flaubert e, soprattutto, della sua attiva partecipazione ai movimenti letterari del tempo: in particolare l’imagismo e il vorticismo, che si opponevano alla tendenza futurista. In questa fase Pound strinse rapporti di amicizia con i maggiori poeti e scrittori anglosassoni contemporanei: da Yeats a Joyce, da Cummings a W.C. Williams, da Hemingway a Eliot. Quest’ultimo gli dedicò («al miglior fabbro») il suo poema La terra desolata, al quale Pound aveva contribuito a dare la forma attuale tagliandone quasi metà dei versi.
Altro importante avvenimento nella carriera intellettuale di Pound è il suo incontro (1913) con la cultura cinese, attraverso i manoscritti lasciati dall’orientalista statunitense E. Fenollosa. A questo incontro si devono sia le traduzioni di antiche liriche cinesi, condotte con gusto imagista, sia la conoscenza diretta di fondamentali testi confuciani, pure tradotti da Pound e molto influenti sul sostrato ideologico della poesia poundiana; ma soprattutto nasce qui la stessa concezione globale della sua opera maggiore, i Cantos, come poema ideografico. Ai Cantos Pound ha lavorato incessantemente dal 1919 fino alla morte, pubblicandone – a intervalli – diversi gruppi. L’ultimo è apparso nel 1960 con il titolo Abbozzi e frammenti dei cantos CX-CXVII (Drafts and fragments of cantos CX-CXVII).
L’ORIGINALITÀ DEI «CANTOS». Frammentaria e al tempo stesso grandiosamente unitaria, nutrita di cultura al punto da far pensare a un’immensa enciclopedia poetica del sapere del nostro tempo, ma attraversata a tratti da scariche di straordinaria intensità e innocenza liriche, l’opera poetica di Pound (alla quale vanno aggiunti i suoi scritti critici, a volte di anticipatrice penetrazione) è uno dei monumenti della poesia contemporanea. I Cantos, il libro con il quale l’attività poetica di Pound si è progressivamente identificata nella stagione finale della sua esistenza, è una sorta di ambiziosissima storia dell’umanità in cui le epoche e le civiltà più diverse e remote si sovrappongono e si intrecciano intorno a un singolare filo conduttore: la convinzione (professata da Pound con maniacale certezza) che la radice di ogni male, di ogni decadenza e corruzione sia annidata nella pratica dell’usura, e quindi nell’istituzione quattrocentesca delle banche e dei banchieri. Col progredire dell’opera, alla quale lo stesso Pound ha assegnato il vertiginoso modello della Commedia dantesca, i procedimenti stilistici si sono fatti via via più ardui ed ellittici; alcuni degli ultimi Cantos portano alle estreme conseguenze una delle più tipiche tecniche espressive poundiane, ossia sono composti quasi interamente di citazioni (in gran parte ideogrammi cinesi), con effetti che rendono assai problematica non solo la comprensione del testo, ma la sua stessa lettura. Naturalmente, è possibile vedere nei Cantos (come alcuni critici hanno fatto) semplicemente una miniera di splendidi frammenti lirici; tuttavia non è facile sottrarsi all’impressione che anche la struttura complessiva del poema, per quanto forse arbitraria e spesso inafferrabile, abbia una notevole importanza e, per così dire, un fascino immanente. Sicuramente l’impasto di lingue e stili diversi, l’intreccio di toni lirici e toni saggistici, il balenare di immagini pure e definitive in un apparente accumulo di dati materici, che caratterizzano i Cantos, hanno avuto un influsso determinante non solo sulla poesia contemporanea di lingua inglese ma su quasi tutti gli sperimentalismi poetici del Novecento.
«Quello che ho scritto? Scarabocchi! Ho smesso di lavorare per una crescente coscienza dei miei errori...»
(dall'Enciclopedia della Letteratura Garzanti)